Nella ricerca di una nuova opportunità professionale, nelle candidature che continuiamo ad inoltrare, il monitorare LinkedIn e i vari annunci, quanto, incollati al nostro smartphone e pc, ci stiamo occupando di noi?
Ci dimentichiamo che noi non siamo solo persone disoccupate, noi siamo Anna, a cui piace fare lunghe camminate, siamo Raffaele a cui piace dipingere, siamo mille e più volti, a cui rivolgere lo sguardo e far vivere nel nostro quotidiano.
Identificarci in quel unico personaggio del disoccupato, che non può vivere gioie o momenti di spensieratezza se il suo status lavorativo non muta, ci blocca nella routine stagnante, in cui la creatività non viene più a trovarci, poiché crediamo di non meritarcela. Persino il sonno ne risente. Se durante il giorno non abbiamo trovato un’offerta di lavoro idonea o non abbiamo superato un colloquio, ci torturiamo, prolunghiamo ciò che non è accaduto durante la giornata, la nostra mente non vuole chiudere con ciò che non si è vissuto durante le ore del giorno, e ne cerca la realizzazione la notte. Un vicolo ceco, che ci fa sentire stanchi il doppio, deconcentrati al mattino seguente, e rafforza in noi l’idea che più ci obblighiamo al dovere più troveremo una soluzione. Bisogna distruggere la propria storia, quella che ci raccontiamo per giustificare tutte le volte che non ci prendiamo cura di noi: quante volte abbiamo detto che “sto ingrassando perché sono stressata, perché non trovo lavoro ed è difficile pagarsi la palestra”. No, non ti stai prendendo cura di te, ti sei dimenticata del piacere, del contatto con te stessa, con le tue passioni. Richiama alla mente la tua immagine in cui ti curavi, ti massaggiavi e carezzavi: immaginare non comporta nessun costo, e stai con quell’immagine, ascoltala, falla entrare nelle tue giornate.
Coltivare interessi, ci fa distrarre dal problema non per depistarci o per cedere al senso di irresponsabilità, ma per offrirci la libertà dal lamento: esso cronicizza il problema, ci suggerisce solo parole di chiusura verso noi stessi e il mondo che ci circonda, ci convince che ogni cosa è contro di noi.
Cerca uno spazio segreto, in cui non devi dimostrare niente a nessuno, dove non commenti tutto quello che ti accade, dove questo eccessivo bisogno di giustificarti, lascia spazio al vuoto . Quanto temiamo il vuoto, ci sembra di stare fermi, ed invece è lì che stiamo muovendo il primo passo, è in esso che ci stiamo allontanando dal rimuginare, dai paragoni, dall’idea di quel personaggio inadeguato che non riesce a ricollocarsi.
Se è vero che per trovare un nuovo incarico professionale bisogna prima definire il proprio obiettivo professionale, creare e saper utilizzare strumenti come il cv, e attuare una pianificazione di metodo di ricerca attiva e passiva, ciò non esclude il prendersi cura di noi come persone ancor prima che come professionisti. Ascoltare e riconoscere emozioni che ci riportano al centro della nostra vita, dei nostri affetti, dei nostri interessi non è una perdita di tempo che ci allontana dal nostro obiettivo professionale. Crea uno spazio solo tuo, in cui fai qualcosa solo per te, che non c’entra nulla con la ricerca di lavoro, in cui contatti la tua parte più intima e vitale e resti con te stesso, con te stessa, senza sensi di colpa. Ne gioverà
anche la tua ricerca lavoro, poiché ricontatterai il senso di realtà con ciò che ti circonda, migliorando il sonno, il respiro, la memoria, la salute fisica, così da essere pronto a offrire e negoziare la parte migliore di te, presente a te stesso, nel qui e ora, verso la tua personale realizzazione professionale.
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