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Immagine del redattoreAlberto Leproni

Il gioco delle parti

Un uomo saggio disse una volta: "Quando arrivi all'ultima pagina, chiudi il libro." (Proverbio Cinese) e poi pensa a come ti senti…

La fine dell’anno scolastico coincide con il tempo dei bilanci che non sono mai facili da fare, a nessuna età e in nessun ruolo. Nella mia vita ne ho ricoperti quattro nel mondo della scuola: allievo, docente consulente, docente a tempo pieno (non è la stessa cosa) e organizzatore di corsi.

Una delle poche costanti che ho incontrato in tutti loro è che, piaccia o meno, il momento di tirare la riga e fare i conti alla fine arriva sempre, in modo inesorabile. Puoi non averne voglia, puoi rifiutarti, puoi cercare di scappare, rimandare, ma in ogni caso fa parte della natura umana doverli fare, anche perché se non li fai tu ti obbligano gli altri o, peggio, ci pensa la vita. E non è quasi mai piacevole per tutto quello che comporta in termini di emozioni. Per evitare di farsi travolgere in senso depressivo ed euforico occorre, allora, fare il gioco delle parti: ripercorrere cioè dal punto di vista del tuo interlocutore la situazione, ovvero mettersi le proverbiali “paia di scarpe” o “occhiali” o “pantaloni” che sia. Nel mitico (per me) film “l’Attimo fuggente” il professor Keating faceva salire i suoi allievi sulla cattedra per far osservare il mondo da un punto di vista diverso. Nel caso di una discussione e di un bilancio l’operazione consiste nel mettersi nei panni di chi ci sta di fronte proprio partendo dai dati di fatto che lo accompagnano ovvero: ricostruire lo stato d’animo che sta vivendo conoscendo il suo vissuto. Ad esempio nel caso di un alliev* occorre pensare ai sedici

anni (fantasie, ormoni, amici problemi), luogo di provenienza (inteso come sveglia, arrivo con i mezzi o a piedi), situazione famigliare, amicizie o relazioni sotto i nostri occhi e a provare a pensare come avremmo reagito noi. Operazione difficilissima e non solo perché noi non avevamo il cellulare con tutto quel che ne segue. Però è fondamentale almeno provarci. Per un orientatore puro, ovvero non chi deve per forza accalappiare un utente da mettere dentro le sue quattro mura, ma chi può permettersi il lusso del passo di lato e di fare un pezzo di strada insieme con la speranza di aiutare davvero la persona, il gioco delle parti è fondamentale perché vuol dire mettersi in ascolto non solo attivo ma “intimo”, quindi non farsi condizionare dall’inevitabile giudizio interno che diamo tutti, e poi far riflettere senza trarre conclusioni affrettate.

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