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Cosa fare se un collaboratore tradisce?

Immagine del redattore: Paola  CastaldelliPaola Castaldelli

In questo blog si è spesso parlato degli atteggiamenti assertivi e generativi di un buon leader.

E per questo ringrazio la fantastica Shirin che contribuisce in modo ottimale in questi interventi.


Oggi vorrei porre l'attenzione sui protagonisti dell'altra parte della barricata!


Etica, responsabilità, fiducia... Sono valori che vorremmo ritrovare in qualsiasi ambito, professionale e non.

Ancora meglio quando queste virtù si incontrano in collaboratori talentuosi, dalle mille potenzialità.


E se poi, andando a fondo, si scopre che la risorsa è tossica?

Brutto termine, certo, ma la parola è l'insieme di un certo numero di comportamenti: lamentele a braccio, accuse sferzanti, rifiuto di agire, coperte al contempo da sorrisi molto distensivi tendenti al vittimismo. Atteggiamenti che non solo sono difficili da gestire, ma che possono creare sensi di colpa profondi nelle altre persone coinvolte dal momento che, tanto, qualunque cosa si cerchi di fare per aiutare il collaboratore insoddisfatto, non sarà mai abbastanza o mai all'altezza.


Si pone un grande dilemma per un'organizzazione:

- consapevole delle competenze tecniche della risorsa, continuo a coinvolgerla pur conoscendo l'energia che emana?

oppure

- decido di perderla, pur di mantenere un team che operi con serenità e motivazione?

Io non ho dubbi!

I tentativi per ascoltare, comprendere, venirsi incontro sono doverosi, nella reciproca occasione del chiarimento e della presa di responsabilità, fin quando non ci si accorge che il collaboratore è entrato in un loop dal quale rischia di non uscire e, nel mentre, contamina l'evolversi delle idee e dei progetti.

Tra competenza e positività, io sto dalla parte della positività!

Scelta dura e sofferta per chi gestisce progetti e deve prendere decisioni, ma doverosa se prevale l'intento di raggiungere obiettivi nel Ben - Essere di tutti i membri del gruppo!

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