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Immagine del redattorePaola Castaldelli

Gli inconvenienti del buon orientatore - Parte III

Vi è mai capitato di arrivare preparati a un incontro di Orientamento o a una sessione di Formazione, con le argomentazioni sulle dita delle mani e la chiarezza dell'obiettivo da portare a casa e poi...imprevisto: la persona o le persone che avete davanti scardinano tutti i progetti!

O perchè non hanno portato a termine l'allenamento proposto la volta precedente, o perchè si manifesta una tematica che non vi sareste aspettati o più in generale l'andamento della consulenza prende strade impervie?

Peggio ancora, quando si manifesta una "gelstat" (in psicologia una manifestazione) che diventa immediatamente il focus su cui occorre lavorare ma...oddio, non viene in mente nemmeno nell'anticamera del cervello uno straccio di tecnica o strumento da condividere?

A me si, soprattutto all'inizio della mia carriera in questa professione e non sono bei momenti: ci si sente impreparati nonostante le migliori intenzioni e la cassetta degli attrezzi bella piena; e ciò che è maggiormente preoccupante è che la mente va in "pappa": nessuna idea, almeno dal punto di vista della testa, ovvero dal punto di vista razionale.

In questi casi ho imparato a mettere sempre più in pratica una frase memorabile pronunciata da una docente del mio percorso per diventare Coach e che ormai applico in qualunque contesto di relazione mi trovi, Orientamento, Formazione o Coaching stesso, ovvero: "Nei momenti in cui cala la nebbia, vuol dire che dobbiamo far entrare il Divino!". Mi commuove ancora oggi questa frase.

Vuol dire che se non sappiamo cosa fare, non è perchè non siamo capaci o all'altezza, quanto piuttosto che dobbiamo sfoderare armi più potenti del singolo che siamo, pur con tutte le nostre capacità.

Vuol dire che possiamo cercare connessione, innanzitutto con le persone che ci troviamo davanti: con maggiore ascolto piuttosto che attaccamento al programma o alla performance e poi con qualcosa di più grande (in qualunque modo lo chiamiamo), che ci ricorda che per fare questo lavoro dobbiamo essere umili e accettare che non siamo altro che uno strumento di un flusso sistemico che opera attraverso la nostra attività del qui ed ora.

Con questo swicht la situazione cambia: il panico si tramuta in calma, il senso di inadeguatezza in fiducia, la competenza in intelligenza emotiva.

Credo di poter dire di aver svolto cosi alcuni tra i miei incontri più gratificanti, perchè ho sentito di essere nella Mission e di aver trasformato una situazione potenzialmente disastrosa in una grande opportunità di crescita per tutti i protagonisti coinvolti.



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