MARCO da SAVONA ci scrive: "Mi capita spesso, sia quando entro in aula o se svolgo incontri one to one, di sentire le emozioni delle altre persone, anche emozioni negative. Solo che questo condiziona il mio lavoro, perchè mi rendo conto che a volte è come se venissi risucchiato: capita anche a te? Come posso fare?
POLARIS risponde: Caro Marco, grazie innanzitutto per la bellissima domanda, che credo riguardi tutti i professionisti che si interfacciano con le persone.
Perchè purtroppo e per fortuna, capita...capita eccome!
Dico per fortuna perchè vuol dire che non siamo di ghiaccio, che siamo in grado di metterci nei panni degli altri ed entrare in relazione a tal punto di essere connessi.
Dico anche purtroppo perchè poi queste emozioni bisogna gestirle e il primo passo e rendersi conto se sono mie, se sono dell'altra persona e in che modo si agganciano a me a tal punto da non renderci lucidi.
Il primo passo forse è quello più difficile.
Se ci accorgiamo di provare emozioni, il primo pensiero è credere che siano nostre: a me è capitato, entrando in aula, di sentire imbarazzo, disagio, persino paura. Ed è normale chiedersi perchè le stiamo sentendo, prima di accorgerci che non sono nostre e allora il secondo passo è chiedersi perchè arrivano dalle altre persone e se sono rivolte verso di noi.
Questo secondo passo prende una giusta direzione se ci rendiamo conto che nella stra maggioranza dei casi le emozioni che pensiamo rivolte a noi, in realtà fanno parte del vissuto e dello stato d'animo di chi abbiamo davanti, ma non c'è niente di personale.
Difficile distinguere questi meccanismi sottili quando siamo concentrati sui contenuti da condividere, sulla carta da compilare correttamente e sul vortice che ci arriva, senza esserne fagocitati.
Come fare?
Prendersi 2 momenti fondamentali:
1) prima di entrare in aula, accertarsi di essere in una posizione di equilibrio e di connessione con i nostri obiettivi e le nostre intenzioni, arrivare a quella che la pnl ci insegna essere la posizione "Meta". Questo aiuta a un maggior discernimento di quello che stiamo per vivere a breve.
Se ci rendiamo conto di non essere in questo stato, chiediamo a noi stessi di fermarci un attimo, respirare e ricentrarci.
E' fondamentale ed è un tempo ben speso!
2) dopo aver terminato l'incontro o la giornata formativa, prenderci ancora qualche minuto per lasciare andare quello che non è nostro. Aver preso contatto con le emozioni altrui va bene, ma poi occorre decantare, riconoscendo che non possiamo tenere sulle spalle tutto quello che abbiamo vissuto.
Ognuno di noi può scegliere una sorta di rito o di gesto; io ad esempio mi trovo molto bene con le tecniche di Voice Coaching, che mi aiutano letteralmente a "buttare fuori" con esercizi vocali.
Come ti arriva Marco?
E come arriva a tutti voi?
LASCIO INTERVENIRE ALTRI PROFESSIONISTI DEL SETTORE CHE VOGLIANO INTERAGIRE SULL'ARGOMENTO O INCREMENTARE LE DOMANDE!
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